Just 48 hours to change the world, è il claim del Global Service Jam, ma cosa accade in quei due giorni? Sappiamo che viene selezionato un tema in tutto il mondo e in contemporanea, nelle 48 ore a disposizione, si trovano soluzioni dando pieno sfogo alla creatività. Ma per avere informazioni più dettagliate lo abbiamo chiesto alle organizzatrici dell’evento che avrà luogo a Roma questo weekend: Barbara Marcotulli, esperta in design delle esperienze e consulente in marketing e comunicazione per il turismo, la cultura e l’innovazione; e Silvia Minenti, designer con un approccio sistemico alla progettazione prestata al Service Design, appassionata di social innovation.
Che cosa è il Global Service Jam?
Un evento mondiale sul Service Design, e più nello specifico una jam session sul design, dove liberi da logiche di mercato si può sperimentare il processo per progettare esperienze in maniera strutturata!
Silvia
Un’esperienza di quelle che ti cambiano la vita. Sembra strano che un weekend possa avere quest’effetto ma la verità è che toccare con mano cosa significhi “poter fare la differenza”, anche partendo dalle piccole cose, è una lezione che resta, nel lavoro e nella vita personale. Il design mette “le persone al centro” e in una Jam questo messaggio passa forte e chiaro. Anche quelle “persone” siamo noi.
Barbara
Come siete arrivate a organizzare questo evento?
Io sono una designer dei sistemi, ho un approccio sistemico alla progettazione e parte di questo approccio include il progettare servizi, quindi oggetti complessi e intangibili, ci è sembrata l’occasione per portare a Roma un po’ di cultura del progetto in maniera divertente e informale.
Silvia
Io arrivo dal business e della comunicazione, due ambiti nei quali sempre più spesso mi trovavo a constatare come i progetti seguissero un modello “top down”, ossia fossero, in un certo senso, ‘imposti” a coloro cui erano destinati. Registravo inefficienze e insoddisfazione a dispetto di molto sforzo e impegno. Ho immaginato fosse un problema di visione, di approcci, di metodi e ho scoperto che il Service Design poteva aiutare a generare risposte. E quando scopri qualcosa di bello vuoi condividerlo: più siamo, meglio stiamo! La community romana del design non è ancora amplissima ma sta crescendo rapidamente, anche grazie alle Jam che si sono organizzate negli ultimi anni: più di qualcuno dei partecipanti delle scorse edizioni ha scelto questo percorso anche a livello professionale (come ho fatto io, del resto).
Barbara
Cosa accade durante quei giorni?
Scopriamo insieme un tema comune a tutto il mondo da cui partire, un input da cui innescare tutto il processo che affronteremo nella giornata di sabato e domenica, fino alla realizzazione di un prototipo funzionante testato per la strada, un po’ “guerilla design”…
Silvia
Si ride molto, si sperimenta di più, ci si confronta con perfetti sconosciuti su temi condivisi, ci si apre a concetti spesso più citati che praticati, come l’ascolto, l’empatia, la condivisione. La challenge della Global Service Jam è la stessa per tutti i partecipanti, in tutto il mondo: si lavora contemporaneamente con persone in oltre 100 città di 40 paesi. Tutte le attività avvengono sotto la guida di mentor, professionisti del design di grande esperienza, che “facilitano” le attività di idea generation, di sviluppo, validazione e presentazione delle idee, guidando i partecipanti, organizzati in team. Bonus: musica, drink e cotillon sono parte integrante del format!
Barbara
Con l’esperienza del Global Service Jam come definireste la creatività?
La creatività è qualcosa che abbiamo tutti e va solo stimolata, come il ritmo, appunto in una jam session!
Silvia
La creatività è la capacità di immaginare il bello, l’utile, il funzionale – e di realizzarlo – dove non c’è ancora. È un linguaggio universale capace di connettere cose e persone, e le persone tra di loro. In una Jam, ci prendiamo tanta cura della creatività!
Barbara
Il tema di questa edizione si saprà solo al momento, ci potreste fare degli esempi di idee che i creativi hanno avuto nelle passate edizioni?
Ricordo quella del 2016 in cui il tema era un rumore dell’acqua, e quell’anno vinse un servizio sul poter farsi la doccia on the go, utilizzando le infrastrutture esistenti: hotel, palestre e persino case private, tutto collaudato, i partecipanti infatti avevano costruito un kit ed erano andati fisicamente a farsi la doccia a casa di un privato.
Silvia
Da una Jam escono sempre idee sorprendenti: l’edizione 2017 propose un progetto di avvicinamento culturale che si fondava sul cibo e coinvolgeva grossi player della distribuzione di qualità, come Eataly. C’era anche “Caffettino”, destinato all’incontro tra local e visitatori a vario titolo, in città che desiderassero scoprirla attraverso il piacere di un caffè: un network di “ambassador” della città e della sua accoglienza, pronti da aprire le porte per quattro chiacchiere e un caffè. I progetti di ogni Jam sono disponibili sulla piattaforma globale: sono tantissimi, più o meno sfidanti ma tutti assolutamente brillanti.
Barbara
Quale è il risultato a cui ambite?
Che le persone si divertano, ma anche che comprendano cosa vuol dire progettare, avere una strategia, cosa vuol dire metodo quando si ha a che fare con la complessità.
Silvia
Che chi partecipa ritrovi il gusto di mettersi in gioco, nel frame di un approccio concettuale che gli offrirà metodi e strumenti per farlo al meglio. Dalla Jam si esce sempre cambiati: un po’ più consapevoli, sicuramente migliori.
Per maggiori informazioni potete visitare il sito, ma se siete davvero incuriositi, e soprattutto creativi, non resta che registrarvi e dare sfogo alla vostra creatività!