Ci siamo mai chiesti chi sono realmente “i matti”? Normalmente etichettiamo con questo nome una persona che si comporta in maniera diversa dalla “normalità”. Ma poi chi definisce il concetto di normalità e follia? Appena vediamo qualcuno che si comporta in un modo che non riusciamo a capire, lo definiamo “matto” e lo escludiamo. A fornire la chiave di lettura per la comprensione è il Festival dei Matti, che quest’anno raggiunge la sua decima edizione. Diverse sono le attività culturali in programma a Venezia dal 24 al 26 maggio 2019 che indagheranno proprio il rapporto tra “normalità” e “follia” in maniera multi disciplinare, con l’intervento di esponenti del mondo della cultura. Un confronto tra passato e presente, legami e identità, per fare un bilancio sullo stato dei movimenti che, a partire dagli anni ‘60, hanno sfidato le pratiche tradizionali sulla salute mentale. A.D.A. creativity ha intervistato l’ideatrice e curatrice del festival, Anna Poma.
Come nasce il Festival dei Matti?
Il progetto del Festival dei Matti nasce, dopo alcuni anni di lavoro con la cooperativa Con-Tatto (che abbiamo fondato nel 2002) con l’idea di rimettere in circolazione, fuori dal circuito degli addetti ai lavori, il tema del rapporto tra normalità e follia, tra salute e sofferenza mentale: pensiamo infatti che solo rimettendo mano a queste nozioni, risocializzandole, si possano allentare le barriere materiali e immateriali che confinano, schiacciano e troppo spesso intrappolano senza ritorno chi attraversa il dolore mentale.
Un progetto che ha raggiunto la sua decima edizione, come si è evoluto in questi anni?
Abbiamo realizzato in questi anni un laboratorio culturale in cui i diversi linguaggi che si misurano con questo tema trovano ospitalità e visibilità in una cornice riconoscibile, coinvolgendo in modo significativo anche le persone che vivono l’esperienza del disagio psichico. Ci sforziamo, in ogni edizione anche con precise scelte tematiche, di comprendere se possa esserci una prossimità virtuosa tra dolore e creatività, smarrimento e dissidenza, diversità e comunanza.
Quale è la mission del Festival?
Il Festival assume che l’esser matti riguarda ciascuno di noi (come condizione ineludibile, come possibilità, come crisi, come svolta, come appello) e che dovremmo guardarci dal delegare ai tecnici la verità e l’ultima parola su questa esperienza. Un’esperienza che dentro i circuito degli addetti ai lavori è “trattata” solo per essere corretta, cancellata, imbavagliata e mai per interrogare tutti noi sul nostro modo di vivere, sulla qualità delle nostre relazioni, sulla nostra organizzazione sociale, sulle storture, i limiti, le contraddizioni che ci abitano e di cui vorremmo soltanto fare a meno.
Quale sarà il tema di questa edizione?
Abbiamo intitolato questa decima edizione Gli anni. Legami di generazioni proprio perché parleremo dei fatti, degli antefatti e dei desideri e delle contraddizioni che hanno attraversato questa esperienza e continuano a innervarla. Non penso nè voglio fare un bilancio del lavoro svolto fin qui, perché sarà questa edizione del festival il nostro bilancio. Un bilancio “partecipato”, fatto di quello che accadrà in quelle giornate e quello che sta già accadendo dentro il perimetro mobile di questo contenitore che non contiene ma diffonde: gli studenti che tengono la scena, i luoghi diversissimi che danno ospitalità a questi discorsi e ai gesti che li sottendono, i legami che qui dentro si sono moltiplicati, la cittadinanza che racconta di sè, tanti che avvicinano il Festival e vi si dedicano, scommettendo con noi, sullo stesso piatto, la posta di un gioco che ci lega e diffida la solitudine a inghiottirci.
La programmazione
Tra gli eventi in programma segnaliamo la proiezione del docufilm Portami su quello che canta – storia di un libro guerriero di Marino Bronzino e Claudio Zucchellini. Racconta la storia del processo allo psichiatra Giorgio Coda, condannato per maltrattamenti ai suoi pazienti della Certosa di Collegno, in cui i “matti” sono stati ascoltati come testimoni (evento storico, documentato anche nel film La meglio gioventù).
Lo scrittore Björn Larsson parlerà del suo libro La Lettera di Gertrud, legato al tema del legame tra generazioni/identità.
Letizia Battaglia e Denis Curti insieme a Massimo Cirri, conduttore di Caterpillar, ricorderanno le immagini che la fotografa ha immortalato, raccontando le strade, il carcere, il manicomio, ma anche il pathos di un impegno civile.
E ancora, Francesca Serafini, sceneggiatrice del Principe Libero, e Dori Ghezzi dialogheranno su Fabrizio De Andrè e il tema generazionale.
La sociologa Chiara Saraceno e Pietrò del Soldà (conduttore di Tutta la Città ne parla su Radio3), proporranno una visione sulla società civile e lo stato dei dispositivi sociali.
Karen Venturini, autrice del libro Melanconia con stupore, porterà un centinaio di ritratti di donne internate tra il 1870 e il 1890 nel manicomio Osservanza di Imola, mentre Andrea Pomella con Gianni Montieri dialogherà intorno al suo ultimo libro, un memoir sul male di vivere intitolato L’uomo che trema.
Per maggiori informazioni www.festivaldeimatti.org.
Immagine in evidenza: Festival dei Matti, Teatro Groggia, 2016. Courtesy Festival dei Matti